Esperia è una ridente cittadina del Basso Lazio, alle pendici del Monte Cècubo e conta circa 3.992 abitanti residenti. Considerato uno dei territori più vasti della provincia di Frosinone, risulta facilmente raggiungibile dai comuni limitrofi e da chi proviene da Roma e Napoli. Circondata da monti e colline ricoperte di boschi e foreste proprie del Parco naturale dei Monti Aurunci in cui il paese è immerso. La collina degrada dolcemente verso la Valle del Liri, sovrastata dall'Abbazia di Montecassino, Esperia è sulle Terre di San Benedetto ed è meta di numerosi turisti che, oltre a godere di questo clima di profondo relax nel verde, possono concedersi delle piacevoli passeggiate tra quelle opere d'arte che il comune attualmente conserva gelosamente. Notevole è il patrimonio sacro della città, costituito da numerose chiese e chiesette che testimoniano la profonda religiosità del luogo. Il centro storico del paese è sovratastao dal Castello medieveale di Roccaguglielma e dal monastero di SS. Maria delle Grazie. All'ingresso della parte alta del paese si può ammirare il Palazzo Baronale Spinelli, costruito nel 1470. Esperia è uno dei Comuni che furono attraversati dalla Linea Gustav e pertanto è stata oggetto di devastazione della guerra e delle drammatiche vicende degli abusi perpetrati sulla popolazione da parte delle truppe marocchine guidate dal generale francese Juan.
Di recente scavi archeologici hanno portato alla luce significative testimonianze della presenza di dinosauri in zona. Famoso è il marmo "breccia Paradiso" che si scava e si lavora in loco.
In tutta l'area si possono gustare prodotti tipici come il buon pane casereccio, le olive e l'olio, il vino (Olivello e Reale) e i formaggi, in particolare la "Marzolina di Esperia", tipico formaggio caprino prodotto dai pastori delle montagne.
Sulle montagne del territorio viene allevato il Pony di Esperia, unico cavallino autoctono del frusinate.
Il Castello Roccaguglielma
Il Castello Medievale, fu costruito intorno al 1103, su probabili preesistenze più antiche, dal cavaliere normanno Guglielmo di Glossavilla (Bloseville), il quale concentrò la popolazione nell'abitato, che prese il nome di Roccaguglielma, posto ai piedi della rocca e lo difese con una cerchia di mura. Il castello, per la sua posizione strategicamente importante, era funzionale al controllo dell'importante passo montano che congiungeva direttamente i possedimenti normanni di Pontecorvo ed Aquino con Gaeta, senza passare per Cassino. Roccaguglielma con Pico, San Giovanni Incarico, Campello e Rivomatrice formò una specie di stato indipendente, denominato dei "cinque Castelli de Foris", perché erano fuori dei possedimenti dell'Abbazia di Montecassino. Il castello è oggi ridotto a ruderi abbandonati e dunque visitabili gratuitamente.
Il Santuario S Maria delle Grazie
Il Santuario si erge sulla sommità del Monte Cecubo, alle pendici del castello di Rocca Guglielma. Dalla sua ampia terrazza si gode il panorama immenso della Valle dei Santi fino a scorgere il Monastero di Montecassino. A partire dal borgo della cittadella di Esperia, salendo per le pendici del monte, si giunge all'ingresso del Santuario, sulle colonne del porticato centrale, a destra si trova la meridiana dei minuti e a sinistra quella delle ore. Storicamente il Santuario rappresenterebbe la naturale continuità di un'antica cappella dentro le mura del castello di Roccaguglielma, ciò è verificabile dalla sua posizione topografica, che in effetti è interna alla cinta fortificata, ed è ricordato da un'iscrizione ottocentesca murata sulla facciata della piccola chiesa. I padri Trinitari accolgono volentieri i propri confratelli per ritiri spirituali, in un ambiente sacro e mistico. Annualmente, in occasione della festa della Madonna delle Grazie, il 2 luglio, si organizzano manifestazioni religiose a cui partecipano numerosi pellegrini, che, come segno di devozione alla Madonna, giungono al Santuario a piedi e scalzi . Al termine della giornata, dopo l'ultima celebrazione liturgica, si svolge la festa civile, allietata da piacevole musica e fuochi pirotecnici, che viene ogni anno accolta con grande partecipazione.
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Narrazione del Miracolo del 30 Giugno 1884
Il 30 Giugno 1884 alle 5.00 del pomeriggio si erano recati nel coro, per la recita del S. Rosario, il custode del Santuario P. Pio, il converso Fra Gaetano, ed il domestico Giovan Battista Bevilacqua. P. Pio, senza alcuna apparente ragione, disse agli altri due che si sentiva spinto a non recitare il rosario in quel momento e li invitò a ritirasi ognuno nella propria celletta. Il converso ed il domestico, però, non obbedirono ed iniziarono a sazzare il ritiro, l'uno vicino al muro, l'altro vicino il campanile. Il sole splendeva, ma da lontano si vedeva avicinarsi la tempesta, allora il domestico si ritirò nella sua celletta, ed il converso si recò nella stalla. All'improvviso un fulmine colpisce la catena della campana, penetra nel coro, discende in chiesa girando sull'altare della Vergine, senza ledere nè fiori, nè candelieri, nè candele, fora il muro dove stava spazzando poco prima il converso, rientra in chiesa e scoppia sull'altare, senza recare alcun danno. Se i tre fossero stati nel coro, come accadeva ogni giorno a quell'ora, sarebbero morti, stessa sorte se il domestico ed il converso fossero rimasti a spazzare il ritiro. I tre non si erano resi conto dell'accaduto, quando guinse un uomo, Clino Dentrico, che essendosi messo al riparo sotto l'atrio della chiesa, disse di aver visto il fulmine scoppiare sopra l'altare e la chiesa ingombra di fumo. Fù allora che P. Pio e i suoi compagni si resero conto di ciò che era successo, osservando i luoghi ove erano le tracce del fulmine, e considerando le circostanze del fatto, dovettero concludere che si era trattato di un miracolo.
La Madonna del Gallo
Il Santuario è dedicato a Dio in onore della Beata Vergine Maria, della quale vi è una statua in terra cotta così ben fatta, e dipinta con tale maestria, che sebbene antichissima (XIII sec.), sembra di recente lavoro. Questa statua è posta in una nicchia incavata nell'abside dell'altare. La chiamavano Madonna del Gallo, forse perchè il tempio fù edificato da un qualche cavaliere francese, che seguì Carlo D'Angiò quando venne alla conquista del Reame. A seguito delle numerose grazie ricevute dai devoti alla Madonna, fù chiamata Madonna delle Grazie.
Il pony di Esperia
Il territorio esteso, impervio e innevato d'inverno ma caldo e siccitoso nei mesi estivi ha plasmato nel tempo la popolazione equina autoctona creando le caratteristiche peculiari di frugalità, resistenza e rusticità oggi così marcate ed apprezzate nel Pony di Esperia. Il primo intervento dell'uomo su questa razza equina è documentata nell'archivio della famiglia Roselli di Esperia, famiglia patrizia proprietaria di vaste estensioni di territori montani. Il barone Silvestro Roselli avviò i primi tentativi di miglioramento genetico della razza attraverso l'insanguamento dapprima con cavalli di razza Salernitana, che non riuscirono ad adattarsi alle impervie condizioni ambientali, e poi, attraverso la mediazione di un commerciante turco, con l'acquisto di uno stallone e quattro giumente provenienti dai monti del Nedjed ubicati nella zona più alta della penisola arabica. Il piccolo gruppetto si adattò in maniera eccellente alla zona conferendo alla popolazione autoctona doti di eleganza e nevrilità. Dalle razzie delle truppe marocchine al seguito degli alleati ben poche cose sopravvissero e tra queste solo tre soggetti della cospicua mandria di pony della famiglia Roselli; si narra che alcuni soggetti siano stati sacrificati per bonificare i terreni dalle mine. Ma già nel 1962 allorquando una commissione presieduta dal Prof. Bartolo Maymone, su segnalazione dell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura di Frosinone, giunse ad Esperia per un primo ufficiale riconoscimento di razza, la mandria si era ricostituita e la relazione che ne seguì parlò di "Soggetti di piccola taglia, di grande unifomità, a mantello morello, resistenti alle intemperie, frugali, rustici, perfettamente adattati al particolare ambiente".
La Marzolina di Esperia
Il nome Marzolina deriva dal periodo in cui inizia la lavorazione del latte quindi da marzo fino agli inizi di ottobre, in quanto è proprio in quel periodo che le capre possono nutrisrsi di erbe tenere e fiori primaverili che danno un particolare gusto al latte. La trasformazione del latte in questo gustoso formaggio dal sapore sostenuto, è garantito da mani esperte che con amore e passione si curano della pastorizzazione e della stagionatura in appositi laboratori tecnologicamente attrezzati. Il visitatore di questi luoghi ameni può assistere alla lavorazione se ne è particolarmente interessato e può comprare direttamente in loco il prodotto. La "tipica" marzolina esperiana è un formaggio di capra dalla forma cilindrica con gli angoli arrotondati. Presenta un colore giallo panna ed un sapore piccante e deciso.
La Marzolina: antichi segreti di lavorazione I "segreti" di lavorazione della marzolina sono custoditi gelosamente dai pastori che la producono. Sono conoscenze tramandate di padre in figlio da tempo immemore. la Marzolina, pur essendo un prodotto della tradizione, acquista nuovi sapori grazie alla capacità dei produttori di diversificare l' offerta. Infatti si possono gustare anche le marzoline aromatizzate al peperoncino, all' origano e alle olive.
L' acquisto della marzolina direttamente dal produttore, oltre che un' esperienza gustativa può trasformarsi anche in un' occasione formativa perchè è possibile assistere ai metodi di lavorazione di questo prezioso formaggio. Il latte, tiepido di mungitura, viene filtrato e portato alla temperatura di 30° - 35° gradi dopodichè si aggiunge il caglio. La "cagliata" deve diventare uniforme, non c'è un tempo stabilito per capirlo l' esperienza dei produttori in questa fase è fondamentale. Il passo successiva è la "rottura" della cagliata. La cagliata viene messa nelle "fuscelle" (forme cilindriche di acciaio che contengono il formaggio). In questo modo si separa il siero dal formaggio vero e proprio. Le forme vengono messe a stagionare. La stagionatura della tipica marzolina esperiana è di 3 - 4 mesi. Il formaggio prende un colore giallo panna perde il latte in eccesso ma in cambio acquista un sapore piccante e aromatizzato.
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Le battaglie di Montecassino e le Marocchinate
Il 14 maggio 1944 i Goumiers, attraversando i Monti Aurunci, riuscirono ad aggirare le linee difensive tedesche, consentendo al XIII Corpo britannico di sfondare la Linea Gustav, che impediva l'avanzata degli alleati verso il nord. Come ricompensa le truppe guidate dal generale Alphonse Juin ebbero carta bianca per per 50 ore, ottenendo un tacito assenso a impadronirsi di una sorta di bottino di guerra. Per il territorio di Esperia l'arrivo delle truppe alleate rappresentò un dramma maggiore della guerra stessa. Per ben due giorni i soldati marocchini del Corps Expeditionnaire Francais (CEF) sottoposero la popolazione esperiana a violenze atroci, perpetrate soprattutto ai danni delle donne. Furono due giorni di saccheggi e torture di ogni genere. Non vennero risparmiate dagli stupri di massa nemmeno bambine e donne anziane. Ciò che accadde nei paesi ciociari, per mano del Corpo di spedizione francese, composto da circa 130.000 unità, per lo più marocchini, tunisini, algerini e senegalesi, rappresenta una delle pagine più nere dell'occupazione alleata. Le cronache parlano di casi pietosi: madri che si fecero uccidere per difendere le loro figlie, uomini che subirono la stessa sorte delle donne che tentarono di salvare. Si racconta che il parroco di Esperia, Alberto Terilli, tentò invano di salvare tre donne dalla furia dei soldati marocchini e fu torturato e sodomizzato tutta la notte, morendo poco tempo dopo. Giovanni Moretti, sindaco di Esperia, denunciò che su 2.500 abitanti ben 700 donne furono violentate e che tutte dopo lo stupro si erano gravemente ammalate o erano addirittura decedute. li chiamavano effetti collaterali della guerra, oggi quegli stupri di massa sono considerati crimine contro l'umanità. Nel 1960 Vittorio De Sica immortalò quelle atroci violenze in un film che valse l'oscar a Sofia Loren, La Ciociara, tratto da un romanzo di Alberto Moravia. Paradossalmente, mentre il cinema e la letteratura raccontarono quasi nell'immediato quegli avvenimenti, gli storici furono bloccati, lasciando nascosta per lungo periodo quella dolorosa pagina della nostra storia. Solo 60 anni dopo quelle orribili violenze fu dato alle vittime un risarcimento morale: il Presidente della Repubblica Ciampi e l'Associazione nazionale Reduci Marocchini hanno ricordato le vittime degli stupri.
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Medaglia d'Oro al Merito Civile
Il 15 marzo del 2004, il presidente della repubblica, Carlo Azelio Ciampi ha decorato il Gonfalone del comune di Esperia con la Medahlia d'Oro con la seguente motivazione: "piccolo comune con pochissime migliaia di abitanti, occupato per la posizione strategicamente favorevole dall'esercito tedesco impegnato a difesa della Linea Gustav" , fu obiettivo di ripetuti e servaggi bombardamenti che provocarono numerossime vittime civili e la quasi totale distruzione dell'abitato. Con l'arrivo degli Alleati, subì una serie impressionante di furti, omicidi, e saccheggi e dovette registrare più di settecento atti di efferata violenza su donne, ragazze e bambini da parte delle truppe marocchine .
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Gran Percorso della Memoria
La Vela
Esperia è insrita nel Gran Percorso della Memoria. All'ingresso del Centro storico della città è istallata l'opera d'arte realizzata da Carlo Rambaldi che ricorda la Guerra. Si tratta di quella che viene chiamata: "la Vela" , un'opera in legno al centro della quale si trova una bicicletta che vuol significare la distruzione del passato e la fiducia nel futuro. Il Gran Percorso della Memoria è illustrato qui: https://historiale.it/percorsi/
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